Pane

Pane che unisce, pane che divide

Siamo abituati a pensare al pane come a un simbolo sacro e di unione, profondamente radicato nel DNA dell’umanità, ma nella lunga storia del pane, esso non è sempre stato un elemento di unione. In taluni casi è stato oggetto di discordia, in altri ha rimarcato le differenze sociali.

Gli antichi greci venivano rappresentati come uomini civili perché mangiavano il pane ed erano “diversi” dalle popolazioni che si cibavano di ciò che trovavano nella foresta, tramite caccia e pastorizia.
In epoca romana il pane di frumento veniva contrapposto alla polenta di farro perché il primo veniva acquistato nei forni e, quindi, veniva anche considerato di lusso, mentre il secondo era il cibo tipico dei contadini.
Nel Medioevo troviamo delle similitudini: il pane bianco di frumento stava sulle tavole dei signori; il pane di segale o spelta (quando c’era), veniva cotto sotto la cenere anziché nel forno per evitare il pagamento della tassa sull’uso del forno, stava sulle tavole dei ceti rurali e dei contadini, assieme ai cereali inferiori come orzo, avena e miglio.
Nel 1054, quando la Chiesa greca si separò da quella latina, una delle contestazioni fu relativa al pane: gli ortodossi accusavano i cattolici di avere introdotto nell’eucarestia un’ostia azzima che richiamava la tradizione ebraica.

Nella mia cucina il pane è sicuramente sinonimo di unione e di bellezza e, quelle differenze nell’uso della farina che un tempo rimarcavano le profonde spaccature sociali e una vita fatta di stenti o di agi, oggi vengono finalmente studiate, rivalutate e apprezzate. È il caso della segale, a lungo dimenticata, che nell’archivio delle ricette potete trovare in molti articoli e in molti pani (a mio modesto avviso di una bontà unica e straordinaria).

E voi? Quale storia di pane avete da raccontare?

Buona domenica dalla cucina di Profumo di Broccoli.

 

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