Racconti

Busseto e lo spirito del maestro

Marzo parmense

Nel mio marzo pazzerello, con i suoi alti e bassi, i suoi venti in certi casi ancora freschi, altre volte più tiepidi seppur forti e maldestri, non ho potuto salire su una bici per pedalare lungo la ciclabile che da Parma porta fin qui, ma ho camminato nell’ultimo tratto, respirando una piacevole aria familiare.

Ho lasciato Parma uscendo dal Teatro Regio, leggendo quel Va pensiero luminoso, appeso sulle vie del centro storico; ho fatto tappa a Colorno pranzando in una trattoria indimenticabile con il sottofondo di Renata Tebaldi, della quale tanto mi raccontava mia mamma quand’ero piccola – la Tebaldi è la migliore di sempre, diceva – e con montagne di libri disposti tutti intorno ai tavoli. Ho seguito l’itinerario verdiano. Prima in maniera maldestra e poi, trascinata da non so quale vento simpaticamente manipolatore, sono arrivata qui a Busseto.

Colorno

La Salsamenteria storica Baratta del 1800, dove era solito venire anche il maestro, mi incuriosisce ma non ferma i mie passi sul ciottolato. Piazza Verdi è così vicina e con essa l’imponente statua dedicata a Giuseppe Verdi, il Teatro Verdi e la Casa Barezzi.

Ci sono bambini che corrono sotto il porticato della via del centro, mentre un negoziante li riprende; adolescenti seduti sui gradini vicino al bar centrale mi osservano incuriositi in queste prime ore di un pomeriggio domenicale, ma nell’apparente rilassamento di un giorno di festa di provincia, lo spirito del maestro è vivo e tutto qui parla di lui.

Busseto

Adesso salgo le scale della casa Barezzi, dove il maestro visse con la moglie Margherita Barezzi e che oggi è sede dell’associazione Amici di Verdi.

C’è silenzio, non si vede nessuno fino al piano di sopra. Quando varco la soglia una signora gentile mi stacca i biglietti per la visita libera e si dispiace molto di non potermi fare aggiungere al gruppo con la guida, che è partito pochi minuti prima. Non c’è problema, rispondo. Dopotutto potrò soffermarmi più a lungo davanti a ciò che mi piace e perdermi tra le nuvole come faccio sempre, lasciando che la concentrazione si posi a caso su un particolare o su un altro.

Busseto

Busto in bronzo di Vincenzo Gemito raffigurante G. Verdi a Casa Barezzi

Bastano pochi passi che la signora riappare e, scusandosi ancora, mi racconta qualche dettaglio inerente al soggetto che sto osservando, poi scappa via temendo di disturbare. Continua così per altre due o tre volte fino a quando, tra un sorriso e l’altro, la rassicuro che la sua presenza è preziosa e molto gradita. Si investe dell’incarico di guida fuori orario, senza più timore e mi racconta con una tale passione e minuzia di dettagli così tanti aneddoti che mi lascio piacevolmente guidare.

Adesso sono decisamente in un’altra epoca, quella verdiana e mi sembra di sentire il respiro del maestro. È tardi ma di quei pochi minuti concessi per la visita, ci siamo entrambe dimenticate. Siamo davanti a spartiti, poi mappe, quindi disegni del corteo funebre milanese. Mi racconta di quel Grand Hotel et de Milan e allora anch’io le dico che lo conosco bene, che ogni volta che passo per piazza della Scala a Milano mi fermo a guardare le finestre della camera in cui soggiornò il maestro, provando anche ad immaginare quegli ultimi sei giorni di agonia durante i quali i cittadini avevano riempito di paglia le vie adiacenti all’hotel, in modo da far attutire il rumore delle carrozze e non disturbare il maestro.

Il dito della mia simpatica guida scorre su è giù tra le teche di vetro e i manifesti operistici dell’epoca, per indicarmi particolari non trascurabili. Si accerta che io colga determinate sfumature e mi racconta il pensiero e gli stati d’animo del maestro come se egli stesso glieli avesse riferiti la sera prima al telefono.

Sì, qui vive il maestro.

Scatto furtivamente una foto con il cellulare a questo pianoforte, poi mi siedo ad osservarlo per il tempo che resta prima della chiusura della casa.

Busseto

Foto scattata a marzo presso la Casa Barezzi di Busseto

 

 

 

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